Pietro Di Gennaro
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SINDACATO

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la nuova frontiera sindacale

azione sindacale nelle aziende pubbliche
diritti dei lavoratori e diritti dei cittadini
limiti e contraddizioni della concertazione

leggilo su Girodivite (2006) - 31/7/06 Cronache - 1/8/06 Cronache

 


La convergenza dell'impegno sindacale e di quello politico si realizza per il "bene sociale dei cittadini lavoratori" quando quello che rivendica il sindacato viene concretizzato dalla politica.

 

La vera politica sociale è quella che premia il lavoro riconoscendo ai lavoratori la ricchezza che producono

 

La convergenza che si relizza strumentalizzando e svendendo i lavoratori,

materializza grandi privilegi per pochi in cambio del controllo dei grandi disagi

 

leggi: LA PENSIONE TRADITA

 

 

 

TFR E IL SISTEMA PENSIONE


una storia che viene da lontano ... sul TFR da una parte i Sindacati Confederali e dall’altra la Confindustria. I sindacati non ci stanno a perdere l’esclusività dell’affare per dividerla con potenti privati come banche ed assicurazioni... poi tutti insieme si dividono la torta ...

La Confindustria non ci sta a far perdere anche solo un centesimo di quell’enorme capitale (13 miliardi di euro ogni anno) alle società che ormai da sempre lo portano al bilancio e materialmente lo investono nelle loro attività: si tratta di una consolidata forma di finanziamento che sarebbe sostituibile solo in cambio di qualcosa più redditizio.

Interessi opposti ma comuni nel desiderio del trarre profitto. Tutti i protagonisti della vicenda, però, hanno perso di vista il diritto dei lavoratori di mantenere un’affidabile e sicura risorsa economica a fine impiego.

Il TFR è salario differito del lavoratore e deve rimanere nella sua piena disponibilità.

Il TFR non può essere scippato con il meccanismo del silenzio assenso per operazioni di carattere politico finanziario che nulla hanno a che fare con l’esigenza di garantire la pensione. L’eventuale adesione a forme di previdenza integrativa deve avvenire con una formale decisione da parte del lavoratore.

La RdB-Cub è favorevole alla possibilità che il lavoratore, su base volontaria, decida di assegnare all’Inps la gestione del TFR, ovviamente l’Inps deve assicurare al lavoratore gli attuali criteri di rivalutazione e di utilizzo del TFR.

Parliamo di Inps e non di una qualsiasi società di gestione fondi che non potrà mai garantire la certezza della rivalutazione figuriamoci il fatto di non fallire come già è avvenuto in Italia e all’estero. La RdB-Cub chiede, da tempo, l’avvio di un percorso legislativo e di confronto con le parti sociali per il rilancio della previdenza pubblica.

La previdenza pubblica è una conquista sociale che dobbiamo difendere con i denti stretti, va incentivata e migliorata, giammai dismessa a favore di gruppi economici a cui interessa solo il profitto e non il benessere e la sostenibilità economica degli individui.

Oggi la pensione pubblica di un numero crescente di lavoratori è largamente inadeguata e il sistema che sta andando a regime è sia economicamente che socialmente insostenibile.

Nel 2020, quando inizieranno a ritirarsi coloro che avevano meno di 18 anni di contributi nel 1995, i lavoratori si troveranno con pensioni da fame e la situazione sarà sempre più drammatica man mano che il nuovo sistema di calcolo agirà su tutta la vita contributiva.

Il sistema retributivo è stata la conquista sociale che ha portato l’Italia ad essere protagonista tra i paesi più industrializzati del mondo.

La pensione calcolata non in base a quanti contributi si è versato (sistema retributivo) è un premio di distribuzione di ricchezza che un lavoratore determina con il suo impegno lavorativo di una vita.

La produttività del sistema paese in “35 anni di contributi” aumenta oltre un fattore 10.

Questa ricchezza se retribuita al lavoratore che va in pensione si trasforma in consumi che a sua volta creano occupazione e nuova ricchezza.

L’introduzione del sistema “contributivo”, dal Governo Amato del 92’ al Governo Dini del 95’, ha annullato decenni di saggia programmazione del lavoro e della previdenza, ha buttato al vento conquiste sindacali e la speranza di una crescita economica positiva e condivisa con tutti i lavoratori dipendenti.

E’ infatti evidente che se il reddito degli stessi lavoratori dipende in parte dalla spesa degli anziani, con la cancellazione di questa spesa si cancella quel reddito e ciò vale ancor di più per i redditi futuri.

Bisogna riflettere ed analizzare questo fenomeno perché determinerà il modello di società in cui vivremo nel nostro prossimo futuro. Bisogna ricorrere ai ripari per non farsi travolgere: la ricchezza di pochi, seppure legittima se onesta e meritata, non può minare la sostenibilità di un’intera società.


Dicendo che non si sarebbero potute pagare le pensioni si è trovata la soluzione introducendo il sistema “contributivo” che di fatto le ridimensiona.

E se poi le pensioni basse affameranno i pensionati ? Oggi in tanti e anche economisti di fama mondiale, se lo chiedono.

“Occorre prevedere una pensione integrativa”: questo è il vero progetto nascosto. Hanno creato prima il problema (pensioni basse) per poi proporre la panacea risolutiva: un sistema “necessario” di integrazione.

Gli stipendi sono bassi?

Come si fa a pagare una pensione integrativa?


La risposta a queste domande trova nella sua banalità un’atroce conferma: “TFR”. Investendo il proprio TFR si paga la pensione integrativa, peccato che poi nel frattempo la famosa “liquidazione” sarà scomparsa. Il TFR dei lavoratori diventa un business da 18 miliardi di euro ogni anno (se contiamo anche il pubblico impiego).

Il Governo attuale non fa che portare a compimento una riforma, quella del sistema pensione, cominciata nella prima parte degli anni 90’.

Altro che bipolarismo, sul lavoro e sulla previdenza il filo comune lega trasversalmente l’interesse economico che quando riguarda milioni di persone diventa terribilmente vorace e senza scrupoli. Ironia delle riforme che dovrebbero apportare misure anche con l’obiettivo di ridurre la spesa pubblica, questa riforma ha bisogno di stanziamenti affinché le aziende siano interessate a mollare il TFR dei loro dipendenti.

Strano paese il nostro, quando la barca fa acqua si propone di fare qualche buco in più nello scafo. Il bello è che c’è sempre qualche piccola (leggi banca o assicurazione) o grande (leggi Sindacato) associazione che ci guadagna.

La RdB-CUB non solo è totalmente contraria al decreto sul TFR ma non ha mai condiviso tutti gli interventi legislativi che in questi ultimi anni hanno fortemente stravolto la previdenza pubblica con il risultato di costringere milioni di pensionati (in essere e futuri) a condizioni di vita sotto la soglia della povertà.


Infatti gli interventi già messi in atto, da Amato a Prodi, senza ancora gli effetti del calcolo contributivo, hanno fortemente penalizzato i lavoratori: hanno consentito di risparmiare centinaia di miliardi sottraendoli a chi ne aveva diritto (addirittura superando di undici miliardi il preventivato), hanno spostato in avanti l’età della pensione, hanno ridotto le dinamiche delle pensioni in essere.


Le pensioni future saranno inadeguate perché si è allungato il periodo di riferimento per il calcolo retributivo e successivamente con il passaggio al sistema contributivo la situazione peggiorerà in modo impressionante.


La previdenza integrativa realizzata con lo scippo del TFR non è una soluzione percorribile perché è iniqua, costosa e rischiosa, quindi ad essa non può essere assegnata la funzione di garantire il diritto per tutti ad una pensione dignitosa.


- Iniqua perché la pensione integrativa è fuori dalla logica di un sistema universalistico della previdenza. Alcuni se la potranno permettere, altri, la stragrande maggioranza dei lavoratori dovranno accontentarsi solo di quella pubblica fortemente ridimensionata.


- Costosa per i lavoratori e la collettività perché con i fondi pensione cambia radicalmente il rapporto tra contributi previdenziali attualmente a carico delle imprese 73,0% e dei lavoratori 27,0%. Con i fondi pensione il contributo a carico del lavoratore sale intorno al 87% e si riduce al 13% la parte a carico dell’impresa.

Mette a carico della collettività il costo della compensazione alle aziende per lo smobilizzo del TFR e il costo delle facilitazioni fiscali.


- Rischiosa perché si trasferirà sui redditi da pensione l’instabilità dei sistemi finanziari mondiali con il riproporsi del rischio di fallimento in cui sono storicamente incorsi i fondi pensione di natura privata o semiprivata in occasione di crisi inflattive o crolli borsistici o di guerre.


Essendo legata agli andamenti imprevedibili del mercato finanziario, la pensione integrativa sposta tutto il rischio sul lavoratore: solo lui ci rimette, mentre gestori dei fondi, banche, assicurazioni e addirittura i “sindacati confederali” non corrono nessun rischio ma guadagnano con la gestione delle risorse.


Per imporre la riduzione dei trattamenti previdenziali pubblici si è “barato” sulla situazione dei costi della previdenza pubblica pur sapendo che:
La spesa pensionistica (compresa la copertura TFR in caso di fallimento dell’azienda che vale 1,5% sul Pil) rappresenta il 12,6% del Pil


Due punti percentuali di tale spesa non vengono neanche visti dai pensionati in quanto diventano entrate dello stato per effetto del prelievo fiscale. Prelievo fiscale che negli altri paesi non esiste o è molto ridotto.


Sulla spesa pensionistica gravano oneri, ancora oggi, di natura assistenziale e di ammortizzazione sociale non a carico dalla fiscalità generale.


La precarizzazione dei rapporti di lavoro consente alle imprese di sostituire i lavoratori a contribuzione piena con lavoratori a contribuzione ridotta.


Si è continuato ad ampliare la quota di salario esente dalla contribuzione pensionistica con oscena cecità di previsione economica.


USB ritiene che è al sistema pensionistico pubblico che deve essere riassegnata la funzione di assicurare a ciascun lavoratore il mantenimento dello stesso tenore di vita anche dopo il pensionamento oltre che la funzione assistenziale volta ad assicurare
a tutti gli anziani un reddito minimo.


IL RILANCIO DELLA PREVIDENZA PUBBLICA : PROPOSTE


1) Ripristino del calcolo retributivo per tutti per garantire continuità dei trattamenti salariali in godimento all’atto del pensionamento e ripristinare la solidarietà intergenerazionale.


2) Aumento delle pensioni in essere per garantire il diritto ad una vita dignitosa a tutti


3) Aggancio delle pensioni all’andamento reale dei prezzi e alla dinamica salariale.


4) Il mantenimento delle pensioni di anzianità e il rafforzamento delle misure a sostegno dei lavoratori precoci, dei lavori usuranti e dei lavoratori esposti all’amianto.


5) Aumento e graduale parificazione dei contributi previdenziali per i lavoratori a progetto, soci lavoratori, artigiani e autonomi a quelli del lavoro dipendente.


6) Copertura contributiva adeguata per tutti, anche nei periodi di precariato.


7) Esentare le pensioni dalle trattenute fiscali a partire dalle fasce di reddito meno elevate.


8) Rendere effettiva la separazione tra assistenza e previdenza ponendo fine ad un usoimproprio dei contributi previdenziali versati dai lavoratori dipendenti.


9) Attuare concretamente la lotta all’elusione e all’evasione contributiva rafforzando gli organici dei ruoli ispettivi.


10) Nuovo modello di finanziamento della “previdenza pubblica” basato anche sulla ricchezza che creato dall’intero sistema.

 


guarda chi cambia il mondo